Santa Vittoria, Palazzo Greppi e la Cooperativa
Lungo l’itinerario che porta dall’impianto idrovoro di Torrione fino alle casse di espansione di Novellara, costeggiando sulla destra l’argine sinistro del torrente Crostolo, ad appena 5 chilometri da Piazza Bentivoglio, si entra a Santa Vittoria, piccola frazione di Gualtieri, area bonificata già ai tempi della colonizzazione romana, ma rifondata in epoca bentivogliesca quando la località era conosciuta con il nome di Camporaniero. La colossale impresa bonificatoria di Cornelio Bentivoglio, che proprio in queste zone vide nel 1579 l’apertura della Grande Botte sotto il Crostolo per il passaggio delle acque del cavo Fiuma, aveva assicurato abbondanti raccolti e un incremento delle attività agricole. Consapevole delle potenzialità di queste terre per l’agricoltura, il conte, finanziere e imprenditore milanese Antonio Greppi, arrivato a Santa Vittoria nel 1769, acquistò una vasta estensione di terreni introducendo la coltura del riso e applicando nuovi sistemi di coltivazione. Nel lungo periodo di potere dei Greppi, dal 1769 al 1911, si formò un vasto latifondo, elemento abbastanza singolare nel panorama reggiano, che richiedeva la manodopera di un elevato numero di braccianti. La grande impresa capitalistica ma al contempo la precarietà delle condizioni lavorative e ambientali causate dalle numerose alluvioni che segnarono la storia ottocentesca, portarono alla nascita proprio a Santa Vittoria di un movimento cooperativistico. Costituito nel 1890 con 74 braccianti, iscritti per tutelarsi dal caporalato e dallo sfruttamento, diventò la più grande cooperativa d’Italia, rappresentando un importante momento storico, economico, politico, sociale del territorio. Le carte d’archivio, raccolte dal 1912 al 1960, ci mostrano che in questo paese sorse successivamente un’altra cooperativa che si costituì nel 1911, denominata Società Anonima Cooperativa Agricola che in breve tempo assorbì la prima.
Palazzo Greppi: lungo la Strada S.63 che da Gualtieri conduce a Santa Vittoria si incontra, sul lato destro dirimpetto la Chiesa parrocchiale dedicata alla Santa che dà il nome alla frazione, un esempio singolare di residenza nobiliare annessa a una azienda agricola di grande importanza, basata sull’allevamento del baco da seta e sulla sperimentazione di nuove colture, quali il tabacco, ma soprattutto il riso. La costruzione della chiesa nella sua forma attuale risale al 1683. Essa sorge sulle rovine della primitiva costruzione della fine del 1500 voluta prima da Cornelio, poi da Ippolito Bentivoglio per santificare una vittoria sui francesi ad opera delle milizie pontificie di papa Giulio II. Il vasto palazzo venne edificato tra il 1770 e il 1779 dal conte Antonio Greppi su progetto dell’architetto e ingegnere idraulico Lodovico Bolognini che si occupò anche del progetto di risaia sperimentale, solcata da una rete molto razionale di canali scolatori e irrigui, nei cui incroci vennero edificati numerosi ponti-canale. Il lungo fronte neoclassico di ben 145 metri, sobrio e rurale ma di grande eleganza, suddiviso in tre corpi, è dominato, al centro, dalla casa padronale, esplicito segno di potere e controllo del possessore, ai lati rispettivamente due lunghi corpi laterali che avevano la funzione di case del fattore, degli operai specializzanti, di alcuni salariati e di aree di lavoro e deposito degli attrezzi. Il Palazzo dominicale si sviluppa su 3 livelli con logge centrali coronato da una fila di finestrelle ovali e sormontato da un alto frontone con acroteri piramidali. Gli spazi della socialità erano rivolti all’interno, dove, le ali rustiche con porticati e profondi loggiati, richiamavano le corti chiuse delle settecentesche cascine piemontesi e lombarde scarsamente utilizzate in ambito reggiano o locale, da qui la particolarità della tipologia architettonica del palazzo. Sebbene l’economia dell’azienda gravitasse entro questo vasto luogo di lavoro e di dimora, l’azienda Greppi era tutt’altro che chiusa e indipendente: la volontà di un’impresa in continua espansione viene testimoniata da una serie di cascine sparse sul territorio, ciascuna con una propria attività, ma sempre strettamente legate alla proprietà del conte. Nel 1911, la cooperativa appena costituita e che gestiva il collocamento e la tutela dei lavoratori, acquistò la tenuta Greppi con mulino, caseificio e fabbricati annessi, ceduta in seguito al Comune di Gualtieri che la trasformò in un centro polifunzionale con farmacia, sala civica, alcune abitazioni, e sedi per associazioni.